Dell’Amore incondizionato

Dall’amore Condizionato a quello Incondizionato

Lo psicosomatico

Prima di entrare nel vivo dell’argomento è necessario capire una particolare  struttura di personalità di chi riesce ad amare solo in modo condizionato e poi comprendere come sia possibile amare incondizionatamente.

All’amore incondizionato non si arriva attraverso una scelta logica, attraverso un processo cognitivo, ma attraverso un processo trasformativo del carattere.

La  gravità della struttura di personalità del soggetto in questione ha vari livelli. Si può passare da un livello generalmente accettabile e quindi condiviso dalla società e verosimilmente dalla maggioranza delle persone che sono in questa aula, fino ad un livello di gravità altissimo che la cui patologia prende il nome di alexitimia (alessitimia).

L’alessitimia è un altro aspetto importante per lo psicosomatico: si tratta di un deficit dell’elaborazione cognitiva e della regolazione delle emozioni. In particolare si riscontra:

–      La ridotta capacità di identificare e descrivere le emozioni

–      Difficoltà a distinguere tra le proprie emozioni e le sensazioni corporee

–      Limitata capacità immaginativa

–      Stile cognitivo orientato verso l’esterno

L’alessitimia è una condizione clinica che porta alla riduzione dell’esperienza emozionale sia a livello soggettivo, sia a livello interpersonale. L’incapacità di riconoscere le proprie emozioni ostacola la loro regolazione e la verbalizzazione e la loro condivisione. Il risultato è la scarsa capacità di rappresentarsi mentalmente le emozioni e di focalizzarsi sulle sensazioni somatiche che accompagnano l’attivazione emotiva.

Lo psicosomatico ha imparato nella vita a non sentire le emozioni di tenerezza, di tristezza, di solitudine, di rabbia. Una volta avvertite queste emozioni vi erano due possibilità:

  • Elevarle a rango di sentimenti, oppure,
  • Ricacciarle al rango di sensazioni.

In effetti, quel che succede allo psicosomatico è la seconda possibilità e cioè la trasformazione delle suddette emozioni in segnali sostitutivi (fenomeno di conversione), cioè in sensazioni del corpo, quali:  fame, chiusura dello stomaco, mal di testa, senso di vuoto, che lo distraggono dalle vere emozioni. Egli è incapace di gestire il suo mondo emozionale perché letteralmente non sa cosa gli succede.

Ovviamente, in base alla gravità,  l’unica cosa di cui è consapevole lo psicosomatico è un disturbo o un malessere fisico, di cui però non comprende la vera origine, e tende quindi ad attribuirla al corpo, cancellando il disagio psicologico e le emozioni negative che precedono il disturbo.

L’unico strumento che lo psicosomatico ha per capire qualche cosa di sé è il corpo, ma a loro volta i segnali espressi fisicamente non sono di così facile comprensione: “se mi batte così forte il cuore è perché l’altro mi fa paura o perché mi piace?”, e la confusione aumenta.

I segnali del corpo sono in prima battuta molto lenti e sotto-soglia, ma quando diventano più visibili ci troviamo di fronte a un disagio più marcato: alopecie, ulcere , dermatiti, colite e tutti i disturbi psicosomatici non sono un punto di partenza ma il risultato di un processo lungo che ha un inizio lontano nel tempo.

Tra le emozioni tipiche dello psicosomatico c’è la vergogna.

Egli si sente come se fosse trasparente e se tutte le sue emozioni fossero leggibili per altri. Sentendosi così “leggibile” possono scaturire facilmente anche un senso di inferiorità e  inadeguatezza, tipiche dello psicosomatico. Tale senso di inadeguatezza e di inferiorità costituiscono, per lo psicosomatico, la sua dimensione d’inaccessibile all’altro, diventa privacy.

Altra caratteristica è la dipendenza dal contesto, che determina la possibilità di sintonizzarsi sulla figura di riferimento di quel particolare ambito. Lo psicosomatico, infatti, è molto competente ed efficace a livello sociale perché è in grado di sintonizzarsi con l’interlocutore e muoversi come lui, o meglio sul desiderio dell’altro. È abile a comprendere e fare ciò che l’altro si aspetta che lui faccia. Se questa caratteristica lo facilità nell’ambito lavorativo, in ambito affettivo può portare a delle incomprensioni. Ad esempio, un paziente in sede terapeutica può dire: “Il mio fidanzato vuole fare l’amore con me: se va bene per lui, è ovvio che va bene anche per me”.

La relazione dello psicosomatico con la madre

La madre dello psicosomatico è stata molto centrata sul bambino, spesso è stata iperprotettiva, ma non ricavava alcun piacere nell’accudirlo. Il controllo quindi prevalse sulla tenerezza e sul controllo emotivo.

È stata una madre attenta al benessere fisico, alla correttezza nell’alimentazione, alla gradevolezza dell’aspetto corporeo, e più tardi al risultato sociale, scolastico, lavorativo. Però non si è curata dello sviluppo emozionale del figlio e tanto meno della sua felicità.

Si è trattato di un amore preoccupato, teso ansioso, non accompagnato da spontaneità, intimità, piacere. Il bambino ricevette il latte, ma non il miele: non ricevette, cioè, il permesso di essere intimo, di sentire le proprie emozioni e di provare piacere nelle relazioni.

Si è trattata di una madre piuttosto fredda, ma affidabile. La preoccupazione di questa  madre è stata quella da indurre nel bambino un’eccessiva attenzione al corpo, alle sensazioni e ai disturbi fisici. Essendo essi il principale oggetto dell’attenzione della madre, lo divennero presto anche per il figlio. Questo pattern è il nucleo della sub-personalità psicosomatica. Lo psicosomatico, anche se fa il cameriere, il sarto, lo scienziato  o l’imbianchino ha una competenza sui disturbi del corpo molto più estesa di qualunque altra persona che non abbia  la professione medica.

Andiamo nel dettaglio

Il bambino/a psicosomatico imparò a tradurre le emozioni negative in fastidiose sensazioni e in disturbi somatici. Per cui da grande non gli sentirete mai dire: “Sono triste”, “Sono arrabbiato”, sono felice, ma dirà: “Ho un buco allo stomaco”, “Sento una sensazione di vuoto”, “Ho mal di testa”, “ho voglia di correre”.

Sempre in conseguenza dell’induzione materna, si verificarono altri tipi di spostamento di attenzione: dalle emozioni all’aspetto esteriore e alle performance.

Ne consegue che lo psicosomatico anziché sentirsi triste o arrabbiato, si guarderà allo specchio e inizierà a preoccuparsi della sua immagine facendo considerazione sulla sua capacità di sedurre; oppure, si preoccuperà di non avere abbastanza successo nel lavoro. E se vi è una delusione di amore, un’offesa, insomma, qualunque ferita che colpisca la sua sensibilità, lo psicosomatico si piomba a capofitto nel suo lavoro fino a sfinirsi. È un lavoratore straordinario.

Come anticipato, egli ha perso il contatto con le sue emozioni, con la sua identità. Pertanto, si sente fragile, debole. E per di più, per questa sua incapacità di sentire le emozioni, si genera un problema d’insensibilità fisica producendo nel corpo sintomi, che poi possono diventare vere e proprie malattie.

In genere lo psicosomatico si pone mete molto elevate, difficili da raggiungere, che coinvolgono le tre aree della sua attenzione selettiva:

performance,

efficienza,

aspetto, salute.

Conseguentemente, la malattia, il disturbo, il sintomo, non sono vissuti semplicemente come tali, come un fenomeno naturale e passeggero, ma diventano ostacoli che impediscono il raggiungimento di queste mete fortemente agognate. Quindi sono vissuti in modo intensamente drammatico e preoccupato. La preoccupazione, cioè il trigger, inibendo i normali processi di autoregolazione, diventa a sua volta causa dell’oggetto temuto. In questo modo si genera il loop  somatico e diventa un nucleo permanente della sua vita.

Lo psicosomatico ha particolarmente bisogno di relazioni soddisfacenti, e patisce più di altri la mancanza o insufficienza di tali sostegni, che non sono solo patologici, ma adempiono anche ad una precisa funzione biologica, quella di regolatori esterni. Per questo corre il rischio di ricreare relazioni molto strette, che avrebbero in sé questo compito.

Inconsciamente, quindi, gli psicosomatici cercano un partner che riproduca, almeno in parte, alcuni pattern disfunzionali della madre, per cui, molto facilmente, si ritrova invischiato in una nuova relazione psicosomatica.

Inoltre, anche se è paradossale, la sua attenzione essendo focalizzata sulla performance e sulla efficienza, ciò lo porta ad investire e a disperdere molta energia nel cercare di raggiungere mete troppo difficili che gli tolgono spazio e tempo alla possibilità di creare relazioni sane e appaganti.

Lo psicosomatico, fondamentalmente, non si sente amato. A livello profondo c’è una solitudine e una terribile disperazione, che ha imparato a non contattare. Così nella vita tende a riprodurre lo schema di relazione che ha avuto con la madre e cioè: attenzione agli aspetti pratici, disattenzione ai fondamentali aspetti affettivi. Anche se in fondo ha un barlume di coscienza, non riesce a fare il passaggio necessario a collegarli con la sua sofferenza, che egli ritiene di origine fisica:

“Se solo il mio stomaco funzionasse bene”;

“Se solo non avessi più mal di tasta”;

“Se solo potessi limitare il mio appetito” .

Queste persone spesso mangiano male, mangiano quando non hanno fame e non mangiano quando hanno fame, o mangiano cose che fanno male.

Perché lo fanno? Per ignoranza? Per disattenzione? Sta di fatto che si mettono a studiare la dieta più adatta, i cibi giusti, i succhi di verdure, la cucina sana, cucina vegetariana, ecc.

In realtà, senza nulla togliere ai cibi sani, hanno principalmente bisogno di calore relazionale. Loro, invece, si mettono a dieta, ed esercitano un grande controllo soprattutto sul loro corpo con esercizi di yoga o facendo footing. Va tutto bene, ma il corpo non va controllato, va ascoltato.

Egli tagliando il contatto diretto con le sue emozioni, ha creato al suo interno un meccanismo generale di distorsione. I segnali del corpo che egli percepisce sono segnali deformati. Egli soffre di iper controllo e di distorsione. Ciò che occorre è disattivare alla radice il meccanismo di deformazione. In che modo? Imparando ad ascoltare le vere emozioni, collegandole agli eventi relazionali ed affettive che le provocano, e lasciar fare al corpo il suo mestiere, che è quello, tra l’altro, di produrre i segnali fisiologici utili al momento giusto: fame, sazietà, sete, sonno, preferenze alimentari ecc.

Come dicevamo lo psicosomatico distorce le emozioni trasformandole in sensazioni fisiche fastidiose: la tristezza si tramuta in vuoto allo stomaco o in colite; la rabbia in mal di testa o in pesantezza al fegato.

La relazione con il padre

Il padre dello psicosomatico, in generale, è una figura di secondo piano, marginale, evanescente, lontana. In un primo tempo viene idealizzato. Nell’adolescenza crolla un mito: all’idealizzazione seguirà la delusione e il ritiro. Ne derivano due schemi di comportamenti:

  • Il pattern di idealizzazione
  • Il pattern di delusione + ritiro

Il primo modello consiste nella tendenza a idealizzare persone e rapporti nella fantasia, senza praticarli concretamente. Queste immagini idealizzate sono costruite allo scopo di fornire quel calore, conforto e rassicurazione che lo psicosomatico non ha ricevuto dalla figura di attaccamento.

Il secondo modello consiste nella tendenza a idealizzare le persone all’inizio di un rapporto concreto, a cui fa seguito la delusione, il ritiro e l’isolamento sociale, con ricorso a fantasie compensatorie di ogni tipo per mantenere viva la relazione. Questo è un secondo modo di perdere contatto con la realtà: viene a mancare il confronto, lo scambio sincero e autentico fino al totale impoverimento della relazione.

Quindi, la delusione è un’altra delle emozioni ricorrenti provate dallo psicosomatico. Nelle relazioni, infatti, lo psicosomatico cerca approvazione e tende ad idealizzare l’altro, affezionandosi e avvicinandosi molto. Quando poi percepisce qualcosa di negativo, c’è un crollo repentino dell’immagine idealizzata.

Un altro problema dello psicosomatico è quello di avere una immagine di sé dicotomica: non essere in grado di accettare giudizi postivi, oppure oscillare completamente in una immagine di sé meravigliosa. È ovvio che il primo giudizio gli provoca dello stress.

È a questo livello che il problema dell’autoimmagine innesca la discussione sull’amore condizionato e sull’amore incondizionato.

  L’amore condizionato

Se il soggetto in questione dispone di un Io psicosomatico, allora, la condizione di amabilità è letteralmente dominata da questo Io, che in questo caso costituisce la sua subpersonalità dominante. Il suo tipo di amore sarà condizionato, di tipo mercantile: “io ti amo a condizione che…”.

Questo tipo di amore è un rapporto che si regge su una necessità patologica di ciascuno dei partner e ogni amante rappresenta la malattia dell’altro. Se così non fosse non si potrebbero spiegare unioni tra persone che non si sopportano più fino al punto di odiarsi. Eppure, stanno assieme per ragioni che trascendono l’amore il quale, avendo perso ogni caratteristica della pura donazione, è scivolato lunga la china dell’abitudine oppure si è degradato diventando una questione di affari. Capisco che si potrebbero sollevare molte obbiezioni ma prima di sollevarle ascoltate il cuore. Forse, molte di queste, si dileguerebbero prima che la parola diventi suono.

Altri coppie che inizialmente si uniscono dominati dall’eros, dal trasporto passionale, ma in seguito, non sono in grado di sorreggere l’eros con un amore più profondo, inevitabilmente finiscono per cadere in una routine che si trasforma in esperienze sempre più estreme, pur di tenere in vita una relazione  moribonda. Allora l’eros, che sarebbe stata la spinta  verso l’agape finisce per asciugarsi degradandosi in sesso meccanico senza neanche più la passione dell’eros che faceva vibrare, che faceva emozionare, che rendeva l’unione una dimensione umana e non animalesca. A questo punto è possibile che il contatto con il partner possa diventare addirittura fastidioso, svolto il compito, esaurita la scarica, ciascuno si gira dall’altra parte e buona notte.

Per uscire dal loop distruttivo è fondamentale che lo psicosomatico cessi di identificarsi con le condizioni di amabilità, che come abbiamo visto si fondano su delle strategie. E che il soggetto possa guardarsi dall’alto in modo da potere osservare tutto il processo, compreso i due trigger. In questo modo è possibile interrompere il loop negativo. Tale interruzione avviene con la disidentificazione dalle condizione di amabilità che conduce alla accettazione di sé e all’amarsi senza  aspettative e senza condizioni. Solo così sarà possibile amare senza condizioni.  Se il sole irradia luce e calore è perché li possiede. Allo stesso modo si può irradiare amore solo se lo possediamo.

tabella psicosomatico

Amore incondizionato

Si può parlare di amore solo se è incondizionato, senza pretendere niente in cambio, come gesto totalmente gratuito, senza attendere l’amore dell’altro. L’amore incondizionato è quello che si stabilisce da cuore a cuore, che è retto da un’affinità elettiva e non segue la legge del dare/avere come nelle operazioni finanziarie, esso può essere dato senza limitazioni e se qualcuno chiede qual è la misura di questo amore la risposta è amare senza misura.

Questo passaggio non è semplice poiché implica una grande saggezza che non è altro sofferenza guarita.

Se l’angoscia ha la sua origine nella dualità, l’amore incondizionato è l’unico mezzo con il quale due persone che si amano, più vanno in profondità, sempre meno sono due e sempre più sono un’unica entità. È così che nel momento del culmine, trascendono la dualità. Questo amore è l’amore tantrico ed è l’unica realtà che nella nostra esperienza arrivi vicinissimo a Dio: i corpi sono sempre due, ma qualcosa oltre i corpi si fonde e diventa uno.

Solo in questo amore non duale possiamo sperimentare la fusione. È un amore assoluto, senza ritorno, dalla vetta dell’amore non c’è ricaduta, si rimane in cima. Questo amore è eterno, come la morte.

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