Depressione dell’Anima Mundi

19Uno dei miti più importanti considera il mondo un giardino. Esso è pieno di metafore di tutto quello che vi accade e che coinvolge la nostra vita psichica.

La psiche non è qualcosa che accade nella nostra testa. È l’esperienza che la nostra anima fa del mondo. Se, ad esempio vedo che l’acqua di un ruscello scorre limpida, la mia anima fa questa esperienza e invece di dire che sto bene, dico l’acqua scorre limpida. Le poesie giapponesi, haiku, hanno questo senso. Il poeta giapponese non dirà mi sento meglio, dirà “l’acqua adesso scorre limpida”. Da questo punto di vista possiamo dire che la psiche non è dentro di noi, ma che siamo noi la psiche. Il giardino ha anch’esso un’anima, anima mundi. In questo giardino i nostri corpi passeggiano e le nostre anime vengono a contatto con la sua anima. L’anima è quel fattore umano sconosciuto che rende possibile il significato, che trasforma gli eventi in esperienze.

A volte, nel giardino del mondo, accade che cogliamo alcuni aspetti e ne trascuriamo altri. Ad esempio, la foglia gialla che cade, che è un evento, la mia anima lo trasforma in esperienza e così vedo che ormai la mia vita è al tramonto. In fondo il giardino del mondo ci dona molto di più di quanto sappiamo cogliere, ma in quel momento, quello dell’esperienza, sono in contatto con l’anima mundi che è l’unico contatto attraverso il quale posso sentirmi vivo.

Il dolore è legato semplicemente al modo con cui viviamo, alla mancanza di contatto con la realtà, con l’anima mundi. Esso, però, non deve essere pensato né come qualcosa che redime, né come qualcosa buona per noi, ma neanche come qualcosa svantaggiosa. Il fatto è che il dolore appartiene all’esistenza, all’esserci e quindi ci dice qualcosa che possiamo imparare come da qualunque altra cosa dell’esistenza. Può capitare che possiamo vivere emozioni immotivatamente sconvolgenti, senza un’apparente spiegazione riconducibile a fatti che le abbiano causate. Questo ci deve fare riflettere sul senso del messaggio di cui questi fatti sono portatori. Essi arrivano da qualche ferita della nostra anima che non si è ancora cicatrizzata. Solo il bambino innocente non soffre ancora di queste ferite.

In qualche senso la vita la possiamo considerare come un’ininterrotta serie di iniziazioni e quello che ci accade e ci sconvolge può essere visto come un’altra iniziazione che mette alla prova la nostra comprensione facendo espandere la nostra intelligenza.  Tuttavia, è anche possibile che la nostra sofferenza possa derivare dal nostro Daimon che è la manifestazione dell’anima di ogni individuo.

Il Daimon si presenta sempre come spinta, come urgenza a fare una certa cosa. Si presenta come una forza maggiore che ci costringe  a pensare a cose di cui potremmo fare benissimo a meno di fare. Ciò si chiama ossessione o compulsione. Esso si manifesta attraverso la volontà o contro la volontà. Vi sono persone, ad esempio Mozart, che manifestò il suo Daimon a cinque anni. Altri, invece devono lottare prima che esso si manifesti.

Certamente sarebbe più semplice se ciascuno di noi potesse sapere subito qual è il suo destino attraverso la manifestazione del suo Daimon. Sicuramente, quando siamo piccoli, esso si è manifestato in tutta la sua totalità, ma il suo dispiegarsi avviene nel tempo la cui esistenza è una proprietà della coscienza affinché le cose non accadano tutte contemporaneamente.  Allora urge la conoscenza di noi perché solo chi ha conosciuto se stesso non potrà temere il destino. Chi tenta di controllare il destino non ha rispetto per il mondo, poiché il mondo è la valle del fare anima. In altre parole, bisogna attraversare il mondo e mentre l’attraversiamo viviamo e realizziamo il nostro destino.

Se lo conoscessimo in partenza che senso avrebbe la vita? Per questa ragione io diffido dei profeti e delle profezie. Essi ingannano il mondo, lo eludono e sono disonesti verso esso. Molto più saggio è ascoltare i mormorii dell’anima  che sono i messaggi che ci rendono consapevoli del nostro essere. Se, ad esempio, abbiamo male al ginocchio ci rendiamo conto che abbiamo un ginocchio. E così se abbiamo una pietruzza nella scarpa che ci impedisce di camminare ci rendiamo conto che abbiamo un piede. Se non abbiamo intralci camminiamo tranquillamente senza avere percezione sensoriale del nostro corpo. Ma se nonostante gli intralci siamo insensibili allora vi è qualcosa che deve essere fatta e non la stiamo facendo. Il disturbo è un modo per diventare sensibili.

Erroneamente, pensiamo che i  messaggi che ci arrivano dall’anima sotto forma di sensibilizzazioni siano patologie. Attualmente, in generale, ci rendiamo conto che la gente soffre di depressione. Soprattutto in occidente le persone vivono la realtà con un certo senso di pesantezza che è gravato da duemila anni del senso del peccato. Ma la realtà è anche piacevolezza, ottimismo.

Riconsideriamo il giardino come metafora del mondo che ha un’anima mundi. Come può quest’anima non soffrire di depressione quando si considerano tutte le perdite che la stupidità umana le infligge continuamente? La depressione che l’essere umano percepisce è un’afflizione endemica dovuta alla perdita di culture, di mestieri, di linguaggi, di storie di talune civiltà, della sistematica distruzione delle piante, dell’estinzione di molte specie animali. La depressione dell’anima mundi noi la percepiamo come fosse nel nostro cervello e quindi come una patologia. La verità è che solo le persone sane soffrono di questo tipo di depressione.

Chi non ne soffre è il vero malato, il pazzo che si è posto fuori dal mondo alienandosi dalla realtà. Se ipotizziamo un’anima del mondo e noi con la nostra in contatto con essa, è naturale che ne siamo coinvolti fino a sentirne il suo dolore come nostro.