Il Paranoide

benessere-paranoie_980x571

Il paranoide

Il paranoide è diffidente, sospettoso. Teme di essere raggirato, tradito, imbrogliato. Crede facilmente che gli altri tramino nei suoi confronti. La sospettosità, il senso di persecuzione, sono i tratti più noti di questa subpersonalità. Il suo pensiero è lucido, meticoloso, pignolo, come quello dell’ossessivo. Entrambi sono iper controllanti e colgono i minimi dettagli. Ma dietro questa ricerca minuziosa c’è una differente motivazione: l’ossessivo cerca i segni dell’imperfezione; Il paranoide cerca gli indizi che diano prova ai suoi sospetti. Ha introiettato un genitore critico, duro e severo.

 

È questo che lo spinge ad essere così attento, lucido e iper controllante. Egli è un moralista, con due pesi e due misure: egli dà per scontata l’assoluta lealtà e bontà dei suoi comportamenti e focalizza tutta l’attenzione su ciò che fanno gli altri: inaffidabili, doppi, mentitori, diretti a costruire trame nei suoi confronti. Lui é moralmente ineccepibile, senza colpe; gli altri lo perseguitano e lo aggrediscono senza logica e senza ragione; lui si limita a reagire e a difendersi. La sua rabbia e la sua ostilità sono quindi ampiamente giustificate.

 

Il paranoide è stato soggetto a un profondo rifiuto, mancanza di calore, estraneità. Il modello di attaccamento è stato quello evitante.  Ha sviluppato autosufficienza, autonomia e compulsiva fiducia in sé. Sa di poter contare solo su se stesso. Ha sviluppato una profonda e insuperabile diffidenza.

 

Da bambino, il suo sviluppo è stato determinato dalla falsità, dal tradimento della fiducia da parte dei genitori, oltre che da un loro atteggiamento sospettoso e persecutorio nei suoi confronti. L’elemento determinante del paranoide è stato l’assenza della fiducia. Noi impariamo ad avere fiducia in noi stessi perché i nostri genitori ci hanno dato fiducia. Impariamo ad avere fiducia negli altri, perché i nostri genitori si sono mostrati veri, affidabili. I genitori che non danno fiducia al bambino, che sospettano di lui, lo feriscono a livello molto profondo: la sua energia vitale, d’espansione e d’amore, si contrae, si ripiega su se stessa. Da qui nasce il senso d’indegnità, di non valore, di nullità, di sentirsi un pezzente che è tipicamente un vissuto depressivo.

 

Lo stesso vale per il tradimento: se i miei genitori mentono, dicono il falso, significa che io non merito la sincerità e quindi la fiducia. La fiducia è come un ponte che collega le persone, le tieni vicine e fa sì che si sentano unite. Rompere la fiducia significa spezzare il collegamento, il senso di appartenenza e di unità. Significa creare distanza, separazione.

È terribile se accade ad un bambino nei confronti dei genitori, da cui dipende totalmente. Questo genera una grave frattura al suo interno. La sospettosità dei genitori quindi porta il bambino a sospettare di se stesso. Egli  cerca dentro di sé la parte cattiva, il mostro e non ha difficoltà a trovarlo, confermando così le sue paure. Tutti i bambini hanno un nucleo di aggressività che, in un ambiente sano, si sviluppa come sana autoaffermazione, capacità di autotutela e di conquista del proprio spazio. Ma all’inizio questa funzione non è ancora ben differenziata e quindi può prendere diverse vie di sviluppo. Ad esempio quella sadica, il piacere di fare del male. Nella sua esplorazione iniziale, il bambino probabilmente tasta diverse possibili relazioni e direzioni dell’aggressività. Allora sembra ovvio che il bambino, stimolato a farlo, trovi dentro di sé questa parte sadica, cattiva. Egli se ne spaventa, si sente malvagio, degno di essere punito e distrutto. Quindi nella ferita del xxxxxx troviamo un senso di indegnità, come nel depresso; di estraneità, come nello schizoide; e in più un senso di intrinseca cattiveria.

Occorre aggiungere che i suoi genitori  sono ipercritici e  svalutanti. Il bambino cerca di adeguarsi, ma non ce la può mai fare: viene colpevolizzato, sgridato, umiliato, ridicolizzato. I suoi sentimenti vengono squalificati: ciò che il bambino sente non ha valore. Non gli si dà credito, non gli si dà fiducia. Così egli impara la via della NEGAZIONE e della segretezza.

Umiliazione e vergogna sono due temi cheIl paranoide condivide con il narcisista. Egli ha fatto l’esperienza della sottomissione al potere che lo perseguita. Ha sentito la sua debolezza e la sua fragilità come causa di tale sopruso. Per questo sviluppa un odio e un’avversione implacabile contro le figure di potere. Per questo tiene ogni forma di dipendenza e vuole sempre mantenere una situazione di controllo. Di fronte a simili situazioni di prepotenza, sono possibili differenti linee politiche: quella dell’ossessivo è  l’irreprensibilità, il perfezionismo e l’adesione alle regole (sono nel giusto, nessuno mi può colpevolizzare); quella del narcisista è l’acquisizione del potere (sono forte e potente: nessuno può più umiliarmi); quella del paranoide , come vedremo, è la facciata di irreprensibilità e il ribaltamento dell’accusa sugli altri (gli altri sono falsi e malvagi; Io devo guardarmi e difendermi da loro).

Il sé inferiore è pieno di rabbia, aggressività, desiderio di punizione. Egli non dimentica i torti subiti e aspetta di  vendicarsi. La vendetta è la naturale reazione al tradimento e al sopruso.

Come al solito, per evitare l’ostracismo sociale, l’abbandono, la morte, si forma la maschera che ha il compito di controllare il sé inferiore. Compito non facile perché il sè inferiore é particolarmente attivo: cerca la punizione, la rivincita, la vendetta a viso aperto.

A sua volta vuole perseguitare i suoi persecutori, in modo diretto e plateale. Che cosa fa allora la maschera? Per prima cosa assume una facciata dell’irreprensibilità: non è mai responsabile di nulla, non è colpa sua. La colpa è sempre degli altri. La maschera diventa abilissima a trovare indizi per scaricare la responsabilità. Trovati i colpevoli, allora, può dare via libera all’azione del sé inferiore: vai e  punisci! Loro sono cattivi, io no. La maschera usa due meccanismi di difesa: il primo è la negazione (io non ho fatto nulla, io sono buono); il secondo è la proiezione, cioè prende gli impulsi del sé inferiore, e dopo averli negati, li proietta sugli altri (gli altri mi vogliono male!). Evidentemente per funzionare davvero questo meccanismo, il paranoide deve crederci. La finzione sarebbe troppo debole, verrebbe facilmente scoperta. Occorre crederci fino in fondo.

Ai fini del controllo, egli utilizza anche qualche ideologia interna. Egli ha paura dell’irrompere dei sentimenti. Quindi, per raffreddare il suo mondo impulsivo ed emozionale, fa ricorso al cinismo, diventa sprezzante dei sentimenti stessi, come qualcosa di primitivo, di ridicolo. La tenerezza e la dolcezza sono visti come forme di debolezza. Solo ciò che è razionale ha valore. L’amore per lui non esiste. O meglio: Lui è il solo a saper amare; ma non ci sono oggetti degni di questo amore: gli altri sono insinceri, doppi, inaffidabili. Se dicono di amare, in realtà cercano solo di approfittarsi e di sfruttare la situazione. Ha una sua morale, cinica, disincantata. Crede di soffrire perché il mondo è falso e soggetto alle regole del potere. Lui vorrebbe più verità e meno maschera.  È ben comprensibile, dal momento che proietta sul mondo esterno tutta la sua ostilità. Certo. E naturalmente deve difendere questa sua posizione fino in fondo: mai deve avere dubbi. Un solo dubbio gli aprirebbe una voragine spaventosa: dovrebbe considerare se stesso non più perfetto, irreprensibile, e giusto, ma riconoscere nel suo profondo proprio l’esistenza di quegli aspetti persecutori, falsi e perversi di cui ha sempre accusato gli altri. Dovrebbe considerare che il suo difficile destino è opera sua. La rabbia accumulata contro i nemici esterni si rifletterebbe su di sé, E lui rischierebbe di essere distrutto. Per questa ragione Il paranoide ha tante difficoltà a mettersi in discussione. Per lui, i punti di vista altrui non sono solo opinioni, sono proiettili esplosivi che, se fatti penetrare al suo interno, possono distruggerlo. Egli cerca continuamente gli indizi per  incolpare gli altri. Fa un’ipotesi e cerca una prova dei suoi sospetti. E naturalmente riesce sempre a trovare conferma delle proprie ipotesi per varie ragioni. Quando riesce a confermare la sua ipotesi, prova una grande soddisfazione, infatti può dimostrare a se stesso che ha ragione, che non è l’unico colpevole e può quindi procedere a punire l’altro, scaricando così la sua enorme aggressività.

Eppure, anche se artatamente, quando tutte le difese sono state tolte, nei momenti di regressione infantile, questa maschera è capace in questi momenti di fragilità, di avere sentimenti e comportamenti molto delicati e generosi, tanto quanto possono essere diametralmente opposti i loro risvolti nei momenti in cui è corazzato. Nessun uomo è più infelice del Paranoide.