Tradimento

Tradimento madre-figlio
La parola tradimento ci si svela, ad una attenta considerazione, non solo epistemologicamente, ma anche semanticamente ambigua. Sappiamo che il latino tradere voleva dire consegnare. Se non abbiamo paura di guardare la cose dal lato oscuro, possiamo dunque vedere anche la nascita come tradimento. È fuor di dubbio che essa consista in un evento traumatico, diciamo pure violento. Riferendosi al narcisismo primario, cioè quell’unità originaria in cui madre e bambino sono contenuti, Freud ha parlato di sensazione oceanica, di inserimento nel fluire ininterrotto della vita. Movendo da questa condizione, attraverso l’atto della nascita, madre bambino sperimentano una fondamentale angoscia di separazione. Per il bambino è un trauma terribile venire alla luce, è un trauma terribile essere misteriosamente e arbitrariamente estromesso da quella dimensione “oceanica”. Il venir meno, l’interrompersi, lo spezzarsi della simbiosi, si costituisce come esperienza d’angoscia, esperienza che non può venire certo verbalizzata né formulata o elaborata intellettualmente dal bambino. Anche se decidessimo che tale esperienza viene da questi “sentita” o “avvertita”, useremo delle espressioni inadeguate per descrivere qualcosa di troppo globale, un evento che permeerà di sé e della propria costitutiva indicibilità l’esistenza e la personalità di un individuo. Dobbiamo allora chiederci chi sia iI traditore e chi il tradito. Per quanto possa sembrare duro e ingiusto, la via del traditore e del tradito si rivela sempre la stessa, come se ambedue fossero intercambiabili: il tradito merita di essere tradito e il traditore è costretto a tradire sin dal loro primo incontro, la madre osserverà nascostamente nel figlio le tracce di un crimine, sospetterà e cercherà in lui il traditore, e il figlio vedrà nella madre colei che lo ha tradito. Evidentemente queste sono esperienze che non sono verificabili, ma che pure impongono la loro realtà. Analogamente, allorché, più adulti veniamo catturati dal vortice della vita, sarà il silenzio a farci capire che siamo testimoni di un tradimento; non ci sarà bisogno allora di parole né di fatti, poiché comprenderemo che sta
accadendo qualcosa in cui tradito e traditore rivivono un’esperienza fondamentale. La madre che spia il figlio è presa dall’angoscia e solo può vederlo, solo può concepirlo attraverso le proprie proiezioni. Tale angoscia diviene un’angoscia persecutoria: il figlio si configura, all’atto stesso della nascita, come il nemico i della madre. È opportuno chiedersi perché a un certo punto si verifichi una circostanza così strana e così diversa dalle immagini che il luogo comune, ma non l‘intuito psicologico, ci offrono. Si tratta a ogni modo di una circostanza solo apparentemente strana perché sappiamo che ogni madre, nel tentativo di comprendere quanto le accade, si rende conto del fatto che, insieme al bambino dato alla luce, ha espulso una parte di sé, della propria vita, interrompendo una simbiosi che la sorreggeva e la sosteneva. Questa espulsione si trasforma dentro la madre in una vera e propria ferita narcisistica, in quanto viene sottratta a quella condizione simbiotica. A questo punto il figlio diventa il nemico, il traditore. Ma cosa può fare il figlio il quale si sente a sua volta tradito? Può solo mettere in atto delle strategie con le quali tentare ¡n qualche modo di sanare o almeno lenire la ferita narcisistica che la sua stessa nascita ha inferto alta madre. Incontriamo qui un aspetto del tradimento relativo alla nascita di fondamentale importanza. Ancora prima di nascere, infatti, noi veniamo fantasticati. Ogni madre può ritrovare nella propria esperienza quanto stiamo dicendo: nel momento in cui viene a sapere di aspettare un figlio, immediatamente prende forma un intenso fantasticare su di lui. Non ci riferiamo tanto alla domanda ovvia su come sarà o non sarà il suo bambino, quanto al tentativo di costruire e modellare all’interno di se stessa uno spazio a propria immagine e somiglianza entro cui lentamente si delinea l’identità del bambino.
Tradimento nella coppia

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Molte persone intraprendono una psicoterapia in seguito ad un tradimento, sia che l’abbiano subito, perché per loro è un trauma sia che l’abbiano agito, poiché di solito ne segue una crisi coniugale e di conseguenza individuale, sia che siano stati l’oggetto del tradimento, perché perseguono un rapporto inesistente. L’80% dei tradimenti vengono scoperti, ma nel 70% dei casi le coppie ufficiali sopravvivono all’intrusione di una terza persona e non si separano, a causa della dipendenza affettiva. Il tradimento è un uragano che sradica tutto ciò che si è costruito, portando con sé un senso di morte, lacera quelle vite di coppia che hanno un urgente bisogno di un radicale rinnovamento, pena il lento decadimento affettivo dell’unione e dei singoli individui.
In questo viaggio a ritroso alle radici del tradimento ci imbattiamo inevitabilmente nel tradimento originario, quello di Adamo ed Eva verso Dio. Il serpente edenico, instillando la curiosità, indusse Adamo ed Eva a cedere alla tentazione di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza, perdendo così i benefici di un mondo incantato, senza problemi, senza dolore, né sofferenza, né morte. Quindi, violando la fiducia di Dio, il tradimento come un uragano sradica tutto ciò che avevano costruito, portando con sé un senso di perdita e di peccato che anche oggi attanaglia la felicità delle coppie dei nostri giorni. All’inizio della relazione clandestina c’è una sorta di regressione “adolescenziale”. Lo schema sentimentale ricorda appunto quell’età caratterizzata da [??]. A differenza di quegli amori, questa volta ci saranno conseguenze imprevedibili, che si tende a sottovalutare e sorvolare, si preferisce non vedere. Il tradimento mantiene sempre la relazione “tre metri sopra il cielo”, perché non presenta litigi, quotidianità e preoccupazioni tipiche del matrimonio o della convivenza.
Perché si tradisce oltre Le ragioni sopra espresse? Le ragioni sono molteplici. Vediamone alcune:
 cercare un altro al di fuori dall’ equilibrio familiare,
 sfuggire alla tristezza,
 all’insoddisfazione,
 alla mancanza di gratitudine,
 alla noia,
 alla routine,
 all’emozioni che rimandano un senso di inutilità, di poca desiderabilità, di solitudine, di costrizione.
Tralasciando il periodo adolescenziale, il tradimento nella mezza età, dopo anni di matrimonio, rappresenta una gratificazione narcisistica nel confermare a se stessi il proprio fascino, nonostante l’età. Così l’uomo adulto cercherà avventure con donne più giovani per attestare a se stesso di essere ancora piacente e per avere la prova di poter rivivere una seconda giovinezza. Per la donna in menopausa il tradimento esplicita la conferma di essere ancora femminile e di poter ancora esercitare un fascino seduttivo, messo in discussione dai cambiamenti biologici ed ormonali che la menopausa comporta.
Alcune persone vivono il tradimento come un antidepressivo: una sorta di compensazione, funzionale a colmare dei vuoti profondi dettati dalla solitudine o da una perenne insoddisfazione interiore. Per altri ancora l’infedeltà rappresenta una difesa contro la paura di fusione che l’intimità di coppia evoca, oppure esprime il rigetto della sensazione di essere dipendenti dal proprio partner.
Alcuni sono infedeli per vendicarsi dei partner, per punirlo delle sue disattenzioni e della sua indifferenza e noncuranza nei propri confronti.
Altri tradimenti si verificano perché si vive nel rapporto di coppia una profonda insoddisfazione sessuale, con l’incapacità di comunicare
apertamente al partner che cosa si gradisce sessualmente. Spesso molti tradimenti maschili avvengono in fase di gravidanza della compagna, come conseguenza della deprivazione sessuale a cui si è costretti e più spesso come vendetta inconscia per le attenzione che la partner ora riserva al figlio, trascurando il compagno.
Infine ci sono persone che possono definirsi “traditori seriali”, individui per i quali essere infedeli rappresenta una costante di tutte le loro relazioni. Spesso questi soggetti attuano una scissione tra sessualità e affettività, che diventano due dimensioni inconciliabili nella stessa relazione. La scissione tra sessualità e affettività esprime una patologia relazionale ed un’immaturità affettiva perché l’amore vero non è mai scisso e separato, ma sempre integrato e completo.
Il traditore è spesso privo di capacità di fondare la propria esistenza intorno ad un proprio centro interiore e ha la compulsione a riempire i vuoti con punti di riferimento esterni, col partner prima e, quando questo non corrisponde più ai suoi bisogni, con altri partner, oppure con il lavoro, con sostanze, con il gioco, con l’alcool, in una fuga continua da sé stesso. E’ una persona che non appartiene a nulla e nulla mai gli apparterrà totalmente, se non l’inutilità e il vuoto del suo essere evanescente. Quindi, mentre il traditore nega e scappa, perché non riesce a stare in ascolto di sé, nessuno dei tre, in definitiva, è presente a sé stesso e nessuno è in grado di rimanere da solo, di fare i conti con la propria incapacità di bastare a se stesso. Ciò che è importante imparare dalle nostre vite è la certezza di poter attraversare anche la solitudine. Quando questa fiducia interiore viene meno, il tradimento è in agguato. L’individualità richiede il coraggio di essere soli e di opporsi a un mondo che tradisce e banalizza.
L’egocentrismo e l’individualismo assoluti, tipici di questa società narcisistica, portano a ritenere interscambiabili i partner, mette al primo posto la soddisfazione dei bisogni individuali piuttosto che quelli di coppia e rappresenta un terreno fertile per il tradimento.
Una premessa indispensabile, parlando di questo argomento, è che prima si tradisce con il pensiero e poi con il corpo. Tradire è sempre una scelta dell’individuo ed esprime un disagio interiore dettato da un’insoddisfazione individuale e/o di coppia, anche quando apparentemente il rapporto sentimentale sembra perfetto.
Sognare di fare sesso con altre persone, fantasticare spesso rapporti extraconiugali, avere la voglia di corteggiare e di sedurre sono segnali predittori che indicano che la coppia non soddisfa più i bisogni individuali.
Il tradimento può rappresentare anche un’occasione di crescita, di evoluzione e di consapevolezza per l’individuo, quando esso esprime la necessità di affermare la propria indipendenza e libertà, lese e infrante all’interno della coppia. Può accadere che si verifichi un cambiamento dello schema di sé e che nel soggetto possano emergere nuovi bisogni che con il partner attuale non sono più soddisfatti: due persone nel corso degli anni possono maturare in modo differente e ritrovarsi inaspettatamente estranei ed incompatibili. Ci si può rendere conto che una relazione castrante e opprimente ha soffocato le necessità soggettive, deprivando di spontaneità e di energia ed allora concedersi un’infedeltà può apparire quasi legittimo.
Tradimento di un amico
In molti detti, perlopiù remoti, troviamo affermazioni del tipo: “un uomo è felice se ha incontrato anche soltanto l’ombra di un amico”, “chi trova un amico trova un tesoro”, e così via; a livello psicologico ciò significa che se il desiderio di relazione ci è dato con la vita stessa, la capacità di stare nel rapporto e di mantenerlo va acquisita. Se l’esperienza amorosa rinvia al soddisfacimento dell’istinto biologico della riproduzione, l’amicizia è un fatto culturale, e si inscrive nel campo psicologico all’interno del quale gli avvenimenti seguano un processo che li spinge irresistibilmente verso un
fine anch’esso di natura psicologica. Nella valutazione del grado di equilibrio psichico raggiunto da un individuo, si deve guardare non soltanto alla sua vita affettiva e professionale. Ma anche alla eventuale presenza e qualità dei rapporti di amicizia. Gli amici sono pochi e molti i compagni di viaggio con cui non possiamo condividere nulla di più percorso di cui già conosciamo la meta. I rapporti con conoscenti, colleghi, compagni di studi o di svaghi, commilitoni, compatrioti eccetera si differenziano in modo sostanziale dell’amicizia perché fondati su una comunanza di intenti nettamente delimitate circoscritta. In questi casi la collaborazione in vista dell’obiettivo tende a livellare le differenze di personalità. A evitare il coinvolgimento reciproco su questo le strane che potrebbe indurre variabili non controllate nella vita di gruppo. Nella relazione di amicizia può esservi anche una venatura sessuale che però non è fondamentale. È un legame da anima ad anima. L’implicazione sessuale in alcuni o forse in tutti rapporti di amicizia non va demonizzata come una perversione del rapporto, perché non solo la sessualità è, come voleva Jung, “il più forte simbolo a disposizione dell’anima” e può quindi funzionare come veicolo per altri significati, ma rappresenta uno dei fondamentali mediatori del nostro essere nel mondo. Nel Talmud si narra che un giorno Rabbi Johanan cadde malato. Rabbi Hanina gli rese visita e gli domandò se egli sopportasse di buon grado il castigo che gli era occorso. Ricevuta una risposta decisamente negativa, Rabbi Hanina gli chiese di dargli la mano. Rabbi Johanan lo fece e guarì. Si domanda a questo punto l’estensore del racconto talmudico perché Rabbi Johanan non fosse guarito da solo e la risposta viene rimandata all’esito di un’ulteriore narrazione che ripete in tutto e per tutto la prima. Anche Rabbi Hija un giorno si ammalò e, sta volta, fu Rabbi Johanan a rendergli visita. Rabbi Johanan domandò a Rabbi Hija se egli sopportasse di buon grado il castigo che gli era occorso. Ricevuta una risposta decisamente negativa, Rabbi Johanan gli chiese di dargli la mano. Rabbi Hjia lo fece e guarì. Anche rabbi Hjia non fu in grado di guarirsi da solo. Perché? Perché,
dunque, non si è in grado di guarirsi da soli? Così risponde il talmudista: perché un prigioniero non si libera da solo. Un prigioniero non si libera da solo. Forse la condizione di prigionieri investe tutti gli uomini e allora nessuno può dirsi grado di liberarsi per indicare l’attestazione del racconto talmudico, di guarirsi da solo. Paradossalmente, è proprio la presunta autosufficienza a costituire il segno più tangibile di una infinita prigionia. Diversamente dall’amore, come si è già detto, l’amicizia non è motivata dall’nessun istinto biologico, ma unicamente dal desiderio di rapporto con un altro essere umano. La vera amicizia è esclusiva, comporta sentimenti di abbandono, gelosia e invidia da parte di chi non è protagonista ma spettatore. L’amicizia conduce normalmente ha una idealizzazione dell’altro, ed è per questo che può prendere forma il tradimento, addirittura più doloroso di quello che subiamo dall’amante. Una delusione legata a un’amicizia vera può spezzare la vita di una persona, e del resto un’amicizia è più difficile da ricostruire di una relazione sentimentale punto dell’amicizia abbiamo dunque compito di spiegare, di mettere in mostra la nostra dimensione umana proprio perché l’altro tende a idealizzarci.